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Virus dallo spazio. Quanto virus e batteri arrivano (forse) anche dallo spazio

Virus dallo spazio. Ogni giorno ‘pioverebbero’ sul pianeta Terra tonnellate di batteri, virus, loro frammenti …

Virus dallo spazio
Quanto virus e batteri arrivano (forse) anche dallo spazio

Virus dallo spazio. Ogni giorno ‘pioverebbero’ sul pianeta Terra tonnellate di batteri, virus, loro frammenti contenenti materiale genetico – alieno a tutti gli effetti. Una gran parte di questi verrebbe distrutta, bruciata, durante l’ingresso nell’atmosfera. Una parte però, ‘planerebbe’ ed arriverebbe da noi integra e funzionante. È una teoria che sostiene in pratica che la vita sul nostro pianeta potrebbe essere stata influenzata, quando non addirittura originata, da questa pioggia di microrganismi.

E tra questi ci potrebbero essere anche agenti potenzialmente pericolosi che possono introdurre nuove patologie, o modificare – rendendole d’un tratto pericolose – patologie a cui eravamo ormai abituati o immuni.

Virus dallo spazio. Quanto virus e batteri arrivano (forse) anche dallo spazio

Realtà? Fantascienza? Una via di mezzo? Abbiamo chiesto al Prof. Mariano Bizzarri, Past President del consiglio tecnico scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana Responsabile del Systems Biology Group del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza di Roma, Direttore del Master in Biomedicina Spaziale presso lo stesso Ateneo, di rispondere alle nostre domande, ecco cosa ci ha detto.

La prima domanda che poniamo al Prof. Mariano Bizzarri, membro del consiglio tecnico scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana e medico oncologo dell’Università La Sapienza di Roma: quello che abbiamo disegnato è un quadro che corrisponde alla realtà delle cose? Ci può aiutare ad inquadrare la situazione in maniera un po’ più scientifica?

L’ipotesi per la quale forme di vita microbica siano presenti nello spazio deriva fondamentalmente da uno studio condotto da Richard Hoover e pubblicato nel 2011 sul Journal of Cosmology. Hoover, un astrobiologo che all’epoca lavorava per il Marshall Space Flight Center della NASA, ha individuato forme di vita fossili apparentabili al genere Velox Titanospirillum, in una serie di meteoriti individuate in ogni parte del globo. Hoover stesso si è mostrato cauto nel suo annuncio, dato che è verosimile che quelle meteoriti si sono “arricchite” di materiale organico nell’entrare in contatto con la nostra ecosfera. Di fatto quella comunicazione è stata accolta con molto scetticismo ed attualmente è sostanzialmente abbandonata in ambito scientifico.

Oltre che importante collaboratore dell’Agenzia Spaziale Italiana, lei è un oncologo. Possono i tumori, di cui si sa che in parte l’origine può essere virale, essere resi più aggressivi, o variare e mutare, proprio come conseguenza di questi continui innesti di nuovo materiale genetico che provengono dallo spazio?

A dispetto delle precauzioni prese, numerosi esemplari di microrganismi (batteri, archea, lieviti, virus e batteriofagi) hanno potuto inavvertitamente “colonizzare” la stazione spaziale. Le condizioni cui sono esposti (microgravità e raggi cosmici) ne hanno profondamente modificato le caratteristiche biologiche, aumentandone la virulenza. Questo tema è di grande attualità, per i pericoli cui espone sia la Terra (nel caso in cui i microbi venissero re-importati), sia eventuali altri pianeti (Marte) verso cui si orienteranno le prossime missioni spaziali. Specifici programmi di controllo sono allo studio per scongiurare questa evenienza. Non è escluso che, essendo alcuni virus all’origine di alcune forme di cancro (penso per esempio alla famiglia dell’Epstein-Barr virus), la diffusione di virus “mutati” a causa dell’esposizione spaziale possa – nel futuro – costituire una non trascurabile minaccia. Questo spiega il rigore delle misure di quarantena cui sono sottoposti tanto gli astronauti quanto la strumentazione che torna dallo spazio e perché siano stati messi a punto complessi programmi di “decontaminazione” microbica operativi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Parliamo di un virus che sta facendo notizia in questi mesi, soprattutto in vista delle Olimpiadi in Brasile. Zika. Questo virus è stato scoperto nel 1947 e finora – pare – non avesse destato grandi preoccupazioni. Adesso – sempre pare – è diventato pericoloso ed ha modificato le proprie abitudini. Ammesso che le cose stiano effettivamente così, quanto potrebbe una eventuale mutazione di questo tipo essere stata determinata da agenti ‘alieni’ come quelli che ci piovono addosso dallo spazio?

Non penserei allo spazio per spiegare la virulentazione di ceppi virali ritenuti innocui o scarsamente aggressivi, magari limitati a specifici ecosistemi. Il caso di Zika non è unico. Penso anche alla strana storia del virus Ebola. Ci sarebbe da domandarsi piuttosto se in qualche laboratorio qualcuno non stia giocando all’apprendista stregone. Negli ultimi trent’anni, infatti, gli esperimenti di transgenesi e la diffusione di vettori virali (per i più diversi scopi, non tutti “pacifici”), ha drammaticamente aumentato il rischio di possibili contaminazioni. Non solo, ma il fatto che le tecnologie di ricombinazione genetica (che utilizzano ampiamente costrutti virali per modificare/introdurre geni in cellule superiori) siano diventate di facile esecuzione e a buon mercato, ha messo a disposizione di molti, anzi, di troppi, tecnologie potenzialmente molto pericolose. Uno stato canaglia o una associazione del tipo “Spectre” – come hanno prefigurato i film di James Bond – avrebbe molto da guadagnare nel maneggiare tecnologie di questo tipo.

Cosa si può e cosa si dovrebbe fare, a livello internazionale, non per fermare questa pioggia ma almeno per sapere in tempo reale cosa ci cade addosso?

Credo che ci sia una scarsa attenzione al fenomeno delle meteoriti. Queste rappresentano un potenziale pericolo, sia per le conseguenze dell’impatto sia per la contaminazione che possono arrecare e/o promuovere. I gruppi di ricerca su questo tema sono pochi e mal finanziati. Dovrebbe essere messo a punto un programma internazionale, ma con i tempi che corrono è altamente improbabile che ciò avvenga.

Se virus e batteri piovono sul nostro pianeta in tali quantità, è ragionevole pensare che questa ‘semina’ avvenga ovunque, e che dove le circostanze siano favorevoli, questi possano attecchire, iniziare a riprodursi e ad evolversi. Questo significa che la vita potrebbe essere un fenomeno non ristretto al nostro pianeta, comprese forme di vita intelligente? Lei cosa ne pensa?

Questa ipotesi è quella inizialmente accarezzata a valle del già ricordato articolo di Hoover e che si inquadra nell’ancora più antica tradizione della cosiddetta “panspermia”. Secondo questa teoria i germi di vita sarebbero giunti sulla vita provenendo da altri pianeti. È in realtà un’ipotesi antichissima, che risale addirittura ad Anassagora (V sec. A.C.), ripresa in tempi recenti da autorevoli scienziati come Lord Kelvin e Frederick Hoyle. A dispetto di alcune evidenze, la stragrande maggioranza dei dati oggi disponibili depone a sfavore di questa ipotesi che è oggi abbandonata dai più. Resta da vedere se il futuro potrà riservarci delle sorprese…

Alessio Cristianini

Ringraziamo il Prof. Mariano Bizzarri
Past President del consiglio tecnico scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana
Responsabile del Systems Biology Group del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza di Roma. www.sbglab.org, Direttore del Master in Biomedicina Spaziale presso lo stesso Ateneo.

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