Come presentare un pezzo da 90 come Cosimo Alemà? Sono al terzo tentativo di introduzione, e per la terza volta ho cestinato tutto quello che avevo appena scritto. Qualsiasi cosa si scriva su un regista (televisione, cinema, pubblicità, music videos) che ha firmato innumerevoli video musicali dirigendo praticamente tutti i nomi più importanti del panorama musicale italiano e internazionale… (e stiamo parlando solo dei suoi inizi…) qualsiasi cosa si scriva nel tentativo di introdurlo – dicevo, suona banale.
Cosimo ha accettato di essere intervistato da ADVERSUS e di parlare dei suoi inizi, delle sue personali preferenze, ma anche – forse soprattutto – di quello che non gli piace nel mondo del cinema, della pubblicità, dei video musicali – soprattutto quelli di oggi. Spoiler alert: è un regista con gli attributi e non ha paura di dire quello che pensa. Come piace a noi. E poi abbiamo parlato di tecnologia, di videocamere e di obiettivi (nel senso delle lenti, ma anche dei suoi obiettivi e progetti professionali), di come si inizia, di quello che serve davvero ad un giovane regista. O almeno di quello che è servito a farlo diventare Cosimo Alemà.
Invece di iniziare l’intervista chiedendoti come hai iniziato (ne parleremo) parliamo dei tuoi progetti nel cassetto. Un creativo non si sente mai ‘arrivato’ ed ha sempre un progetto quasi impossibile a cui sta lavorando o al quale vorrebbe poter lavorare. Quale è il tuo ‘progetto impossibile’?
Non ho un progetto impossibile nel cassetto, ma un film speciale che conto di realizzare con tutta calma quando le condizioni produttive ed i miei impegni lo permetteranno. Diciamo che dopo aver realizzato 5 film per il cinema e altrettante fiction/serie tv, ho in mente un lungometraggio davvero molto particolare che faticherò non poco a produrre in Italia. Si tratta di un thriller ambientato nel 1981 durante gli anni della lotta armata a Milano. Una storia di giovani punk, eroina e digos corrotta. Sicuramente un progetto a cui tengo particolarmente. Hai ragione comunque, l’asticella va sempre alzata. Solo 12 anni fa, l’idea di realizzare un film mi sembrava un miraggio.
Quali sono i registi che hanno influenzato e continuano ad avere un ruolo importante nel tuo modo di comunicare attraverso le immagini e le storie che queste raccontano?
Ce ne sono tantissimi, del passato e del presente. Tra quelli del passato mi limiterò a citare: Roman Polanski perché i suoi film sono riusciti sempre a coniugare il cinema di genere e i film d’autore come pochi altri; così come l’inedita commistione tra commedia e thriller (vedi Cul de Sac ad esempio). Mi piace il suo “touch”, sempre riconoscibile. Poi direi Walter Hill, per via dei film che hanno influenzato me e quelli della mia generazione profondamente, dalla musica all’attitude, dallo stile all’immagine. Parlo di film come Warriors-I Guerrieri della Notte o 48 Ore. O Southern Confort, che adoro. Un cinema di forte impatto, responsabile di aver creato un immaginario leggendario inarrivabile e seminale. Non posso non citare Hitchcock, mi sono letteralmente formato sui suoi classici, grazie ai miei genitori che mi hanno mostrato i film sin da bambino. Lo adoro, semplicemente.
Tra i registi contemporanei mi piacciono tantissimi cineasti molto diversi tra di loro: Almodovar, Villeneuve, Fincher, Kim Ki Duk, Paul Thomas Anderson, McKay, O’Russel, Glazer (per via del fatto che anche lui proviene dai music videos). Sicuramente sono affezionato particolarmente ai registi e al cinema degli anni 70 e 80, ci sono autori che sono stati fondamentali nella mia formazione (spesso molto commerciali) come John Hughes, Spielberg, Landis, Coppola, Weir, Parker ed il grandissimo Adrian Lyne. Tra tutti i registi quello che mi ha fatto pensare la prima volta “cazzo voglio fare il cinema nella vita” è stato sicuramente Jonathan Demme (durante la visione di Qualcosa di Travolgente). Gliel’ho anche detto nel 2013, l’unica volta che ho avuto la fortuna di incontrarlo. Non voglio passare per fondamentalista esterofilo, anche se un po’ lo sono. Ci sono maestri del cinema italiano per i quali nutro una vera e propria venerazione come Antonioni, Moretti, Leone, Petri, Fellini, Ferreri, Pontecorvo. Tra i registi di oggi, scusate l’ovvietà dei nomi, mi piacciono Guadagnino, Sorrentino, Cupellini, Sollima, Alice Rohrwacher.
Negli anni della mia formazione sono stati fondamentali film italiani come Turnè (Salvatores), Il Grande Cocomero (Archibugi), Amori in Corso (Giuseppe Bertolucci), Una Pura Formalità (Tornatore).
Come hai iniziato?
Ho iniziato come filmaker autodidatta giovanissimo, alla fine degli anni 80, fotografando e filmando praticamente tutta la mia vita per anni. Poi ho iniziato a lavorare nei music videos nei primi anni 90 e da lì sono passato a fare l’assistente alla regia nel cinema. Nel 1995 i primi cortometraggi ai festival e dopo poco i primi videoclip commissionati dalle case discografiche e da lì in poi non mi sono mai fermato. Tra il 1998 ed il 2016 di music videos ne ho realizzati più di 750 lavorando praticamente con tutti gli artisti italiani e molti stranieri. Dal 2002 ho iniziato con gli spot pubblicitari, passando alcuni anni a Milano. Poi nel 2009 il primo film e la svolta nel cinema, mia grande passione da sempre.
Ricordi ancora il tuo primo vero incarico professionale?
Si certo, roba da non dormirci la notte. Lavoravo nel cinema da parecchi anni, ma per me il primo incarico vero e proprio da regista è stato quando nel 1997 mi hanno affidato un discreto budget per realizzare un video di Marina Rei. Non era il mio primo video, né il primo lavoro da regista ma il primo in cui scelsero proprio me. Regista lo diventi davvero quando qualcuno ti paga per farlo.
Delle (molte) centinaia di video musicali che hai realizzato quale o quali rimarrà sempre un lavoro speciale, di cui sei veramente orgoglioso e felice che porti la tua firma?
Ci sono parecchi music video realizzati per Fabri Fibra che mi piacciono molto, a cui sono davvero tanto affezionato. Insieme abbiamo realizzato un trentina di video negli ultimi 20 anni. Tra questi sicuramente “In Italia”, “Bugiardo”, “Guerra e Pace”, “Fenomeno” e anche il recente “Propaganda”, realizzato quest’anno. Altri video che mi vengono in mente a cui sono indissolubilmente legato per motivi diversi: “Luna” dei Verdena, “Numeri in mia vita” dei Delta V, “E Fuori è Buio” di Tiziano Ferro, “Ogni Uomo, una Radio” dei Casino Royale, “Istrice” dei Subsonica, “Per Dimenticare” degli Zero Assoluto o “Domani Smetto” degli Articolo 31. Nel 2016, quando ormai non giravo quasi più video musicali, mi è piaciuto davvero realizzare un video per Skin e Paolo Buonvino (“Renaissance”), colonna sonora della serie “I Medici”.
Quanto è importante una scuola per chi vuole avvicinarsi a questa professione?
Sinceramente non molto, se intendiamo una struttura in cui si studia e si impara il mestiere del cinema. Sono di quelli che ha imparato sul campo, sul set. Quella sì che è una scuola importante e necessaria. La nostra è una professione 100% artigianale, si impara a raccontare attraverso le immagini e a costruire (e gestire) la messa in scena. Poi c’è il continuo problem solving, la visione del “tutto” prima che esista, i trucchi, la confidenza con il camera-work, la scrittura.
Si può imparare tutto provando a fare cose (da soli, e quindi con grande possibilità di sviluppare una poetica personale) e osservando gli altri al lavoro. Serve un carattere molto specifico per fare il regista, bisogna saper coinvolgere gli altri con l’entusiasmo e guidarli con fermezza nelle battaglie quotidiane (il set) soprattutto durante le produzioni lunghe come i film o le serie tv. Ci vuole determinazione come in poche altre professioni. Ovviamente poi conta il talento e l’essere creativi. L’arte invece (parola che detesto) centra ben poco. Mi fa sorridere quando leggo di miei colleghi che si autodefiniscono artisti. Preferisco di gran lunga la parola artigiano, con una certa esperienza sul campo per quanto mi riguarda.
Che attrezzatura (camera, lenti preferite) usi per i tuoi progetti personali?
Sui set dei film e delle serie tv giriamo tutto con attrezzature pro, come la Arri Alexa. Per anni (fino al 2009) abbiamo girato in pellicola, un modo completamente diverso di concepire la ripresa e la fotografia. Oggi mi piace combinare Camere contemporanee con set di lenti vintage, mi piace l’incontro tra l’iper-definizione della tecnologia moderna e la concezione degli obiettivi di una volta. Quando giro cose per me, progetti personali per esempio, utilizzo fotocamere reflex con obiettivi intercambiabili (mai degli zoom). Mi piace ancora fare foto, sia in pellicola che in digitale. Ho una splendida Leica 35mm ed una Fuji mirrorless di qualche anno fa (una x100s). Con entrambe le camere scatto con un solo obiettivo. Un 50mm pensato per ritratti con la Leica, un 23mm per la Fuji, ideale per la street photography. Mi piace molto l’idea di avere dei limiti di “punto di vista”, sono io che fotografando mi devo avvicinare o allontanare dai soggetti. Una sorta di Dogma autoimposto che trovo molto stimolante.
I sassolini nelle scarpe. A cosa non riesci e non vuoi adeguarti nel mondo della produzione video, che si tratti di televisione, cinema, pubblicità, video musicali… cosa cambieresti se dipendesse da te?
Mi sembra un argomento troppo vasto per rispondere in maniera veloce e sintetica, ma in generale non sono un lamentone, preferisco fare. In televisione al momento c’è il grosso problema che non ci vengono riconosciuti i diritti d’autore sulle opere (serie tv e cinema) che vengono trasmesse sulle piattaforme, perché non esiste (ancora) una legislazione di questo tipo. Il cinema invece versa in una situazione transitoria molto difficile, non si capisce se la gente tornerà mai in sala per vedere film che non siano i pochissimi mega blockbusters, per cui le cose da capire sono molte e gli scenari cambiano in continuazione.
In pubblicità non so, direi che ci sono in giro troppi stronzi nelle agenzie e nelle Cdp, che non si rendono conto nemmeno di essere involontariamente ridicoli agli occhi di tutti quelli che non fanno parte della cerchia dei pubblicitari milanesi con la puzza sotto al naso, che in fondo fanno le reclame a prodotti spesso improbabili come la carta igienica e la zuppa di farro. Sempre stati sul cazzo. Nei video musicali le case di produzione dovrebbero tornare protagoniste come una volta, proporrei registi e fare delle gare sulla base della creatività e delle idee. E poi gli artisti (questa una deriva recente) dovrebbero affidarsi e non proporre/imporre le loro idee per i video, anche perché nel 99,9% dei casi fanno cagare. E questo risulta evidente, soprattutto nel rap e nel pop, osservando la qualità dei video prodotti negli ultimi anni. Tutti uguali, tutti banali, zero idee, zero coraggio, zero contenuti, scopiazzature sciatte e basta. E soprattutto senza “storie” cosa che per me è inconcepibile.
Dipendesse da me, in ognuno di questi campi, darei fiducia ai registi giovani, quando sono ancora giovani. Esordire alla regia di un film a 40 anni (o oltre) è spesso consuetudine ma è una follia. All’estero ci ridono giustamente dietro.
Cosa consiglieresti ad un aspirante regista o videomaker che sente di volerci provare, pensa di averne le capacità, ma non sa dove sbattere la testa, da dove iniziare?
Iniziare a fare le cose, provare a filmarle, a raccontare qualcosa. Trovare ispirazione nell’opera dei maestri ma senza lasciarsi influenzare nel modo di raccontare. Osare e sovvertire le regole solo quando si è acquisita una certa confidenza con il racconto basico, con la realizzazione di immagini “classiche”, come succede nelle arti figurative. Trovare dei collaboratori con cui condividere i percorsi è altresì importante, anzi fondamentale. Compagni di avventura con i quali crescere professionalmente e umanamente al contempo, questo è un lavoro che si può fare seriamente solo in squadra. E poi non mollare, ci vuole perseveranza, i risultati arrivano sempre se ci si muove nella giusta direzione, senza fretta, spinti dal fuoco sacro della creatività. Bisogna però capire nel profondo cose di se stessi, se si ha davvero l’urgenza creativa di comunicare qualcosa o se si è solo innamorati dell’idea di fare i registi (cosa purtroppo molto comune).
Oggi esistono mezzi che permettono a tutti di “provarci”. A vent’anni, io che sono classe 1970, avrei dato un braccio per avere in borsa una camera con cui realizzare immagini pro ed un laptop con cui montarle. Noi ci siamo formati con telecamere obsolete, i super 8mm o il 16mm, la pellicola risparmiata o elemosinata da altri lavori, spesso scaduta. Le nottate in moviola, attaccando materialmente gli spezzoni con lo scotch. Oppure con due videoregistratori in rec e pausa. Insomma tutto questo per dire che oggi non ci sono scuse per non iniziare a fare cose dal minuto uno. Il resto vien da sé.
Ringraziamo Cosimo Alemà – Director
http://www.cosimoalema.it/
https://vimeo.com/cosimoalemaofficial
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