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Davide Gentile, regista. Una carriera nella pubblicità guardando al cinema come punto di arrivo

Dopo anni di pubblicità e cortometraggi il punto di arrivo è sicuramente il cinema. E’ un obiettivo a cui mi sto avvicinando senza correre attraverso una serie di tappe a mio avviso necessarie per…

Davide Gentile, regista. Una carriera nella pubblicità guardando al cinema come punto di arrivo.
Davide Gentile, regista. Una carriera nella pubblicità guardando al cinema come punto di arrivo.

Continuiamo con le nostre interviste ai più noti registi e filmmakers nel mondo della pubblicità, della musica, del cinema. Davide Gentile, regista italiano che ha scelto Londra come base, ci parla dei suoi inizi, dei suoi progetti, dell’equipaggiamento che usa. Dell’importanza di avere un team di professionisti con cui collaborare. E di una poesia di Bukowski che tutti gli aspiranti filmmakers (anzi, no – tutti) farebbero bene a leggere e a tenere sempre bene a mente.

Prima di parlare di come hai iniziato (argomento obbligato) partiamo dal futuro, e dai tuoi sogni professionali. Quale è il progetto, magari ancora solo presente nella tua mente, che vorresti realizzare, e che considereresti un progetto ‘miliare’ nella tua carriera di filmmaker?
Dopo anni di pubblicità e cortometraggi il punto di arrivo è sicuramente il cinema. È un obiettivo a cui mi sto avvicinando senza bruciare alcune tappe a mio avviso necessarie per la mia formazione. Sto partecipando a diversi workshop di scrittura e recitazione per arricchire sempre più il mio bagaglio di regista. Nel contempo sto portando avanti alcuni progetti personali utili a sperimentare nuove tecniche e linguaggi.

Food For Thought – World Health Day 2016 from Davide Gentile on Vimeo.

Come è cambiata, e come sta cambiando nel ventunesimo secolo la figura del director? Oggi l’equipaggiamento per produrre un video o uno short movie costa molto meno rispetto a soli dieci anni fa, e quelle che una volta erano funzioni molto ben separate in una produzione oggi tendono a fondersi, molte sono confluite nella figura unica del filmmaker…
La rivoluzione dal punto di vista produttivo e dei sistemi attraverso cui si organizza questo genere di lavoro è in corso da tempo. Oggi può essere tutto più veloce, economico, alla portata di ognuno e questo sicuramente è un bene. Chiunque anche con pochi mezzi è in grado di raccontare una storia

D’altro canto, però, questa situazione comporta anche il rischio di un appiattimento, e che per arrivare a definire un progetto e a mandarlo in porto, molti passaggi siano affrontati con fretta o superficialità, mentre dalla cura e dallo studio dei dettagli non si dovrebbe mai prescindere.

OMAR // Based on thousands of true stories from Davide Gentile on Vimeo.

Nonostante sia molto affascinato dalla figura del filmaker “one man band” in grado di realizzare praticamente da solo determinati prodotti audiovisivi come ad esempio music videos e cortometraggi, nel mio percorso non ho mai cercato di ridurre costi e persone fondamentali alla realizzazione di un video di qualità. Ho sempre creduto che la figura del regista debba necessariamente essere supportata da un team dove ogni figura professionale sia specializzata e competente in aree specifiche a supporto di una visione d’insieme più ampia utile a raffinare il linguaggio che si sceglie perché funzionale al racconto.

Negli anni ho sempre più potuto constatare che il lavoro di team è ciò che permette la realizzazione di progetti completi, e dove ogni dettaglio rende il prodotto finale migliore.

Sono convinto nell’affermare che senza l’esperienza, il talento, la passione e le idee dei miei collaboratori non sarei arrivato fin qui.

Telefono Azzurro from Davide Gentile on Vimeo.

I sassolini nelle scarpe. Cosa non ti piace nel mondo in cui tu ti muovi, vivi e lavori? Quali sono le cose che potendo cambieresti, o perché ingiuste, anacronistiche o non ‘logiche’?
Credo di non avere particolari sassolini nelle scarpe da volermi togliere. Pensando alla domanda e a cosa non mi piace credo di aver capito nell’ultimo anno la grande differenza che c’è tra progetti narrativi e progetti commerciali. Ho costruito la mia carriera principalmente attraverso progetti commerciali che mi hanno permesso di specializzarmi sempre più.

In parallelo ho investito nella realizzazione di progetti personali narrativi.

L’errore che credo di aver commesso è stato quello di cercare una dimensione più “artistica” all’interno delle pubblicità capendo sempre meglio che la figura del regista pubblicitario differisce molto da quella del regista “autore”. Mi spiego meglio.

Ho imparato ad evitare la possibilità di dare un’impronta troppo personale all’interno di campagne pubblicitarie dove le idee e gli obiettivi venivano delineati da clienti e agenzie. Mi è capitato di cercare, erroneamente, di trasformare le idee di altri in mie.

Ora dopo vari tentativi ho la capacità di scindere le due cose.

Come diceva Martin Scorsese “one for them, one for me”. Una pubblicità realizzata bene e con idee e canoni stabiliti da altri da un lato, un progetto personale dove ho il totale controllo creativo dall’altra.

Bose – “Music is my language” from Davide Gentile on Vimeo.

Come hai iniziato? Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della produzione video?
Nel 2012 a Londra ho iniziato a muovere i primi passi. Ho partecipato ad alcuni concorsi online che hanno funzionato bene e mi hanno permesso di prendere familiarità con un linguaggio che mi interessava, la pubblicità. Ai tempi avevo l’esigenza di trovare un lavoro che mi permettesse di guadagnarmi da vivere, di specializzarmi, di conoscere nuove realtà. Con una giusta dose di spensieratezza mi sono lanciato realizzando video sempre nuovi rispetto ai precedenti, sperimentando tecniche e linguaggi diversi e arrivando, in solo un anno, ad essere cercato da varie case di produzioni pubblicitarie.

Sono stati anni pieni e ricchi di opportunità, viaggi ed esperienze e devo moltissimo al mondo della pubblicità.

Nei primi due anni di carriera ho avuto conferme importanti e questo mi ha aiutato a prendere fiducia e trovare uno spazio in cui muovermi: oltre ai lavori commerciali, in parallelo, ho cominciato a produrmi i primi cortometraggi che mi hanno dato l’opportunità di capire meglio le tematiche e le tecniche sulle quali volevo investire, vincendo anche premi a Cannes e Venezia e facendomi notare da produttori cinematografici e addetti ai lavori.

Il mix tra le due cose, come detto in precedenza, è dal mio punto di vista la ricetta vincente.

Cosa avresti fatto nella vita se non fossi diventato un director?
Non ci ho mai veramente pensato ma riflettendoci mi vedrei bene come casting director.

Si tratta di una figura determinante all’interno di ogni produzione, il trait d’union tra registi, producers e attori.

Ho sempre trovato nei casting directors con cui ho lavorato persone dalle grandi qualità umane e professionali, apprezzando la loro capacità comunicativa unita alla sensibilità artistica.

Che equipaggiamento usi? Quali sono le videocamere e le lenti – tra quelle accessibili dal punto di vista economico – che consiglieresti ad un filmmaker in erba?
Come camera generalmente uso Alexa Mini mentre per quanto riguarda le lenti dipende molto dal progetto e dal tipo di look che insieme al direttore della fotografia si ritiene più funzionale alla storia.

Ho utilizzato per anni, anche in pubblicità, diversi set di lenti anamorfiche, una tipologia di lenti in grado di dare alle immagini un’impronta più cinematografica ma risultando al contempo anche troppo estetizzanti.

Per questo motivo negli ultimi progetti sono tornato ad utilizzare set di lenti sferiche, rinunciando un po’ all’estetica ma restituendo alle immagini (e di conseguenza alle storie) un maggior realismo.

Che consiglio daresti a chi pensa di poter dire qualcosa di interessante attraverso la comunicazione audiovisiva, ma non sa davvero come muoversi, come iniziare?
Il mio consiglio è: buttatevi, senza paura. Guardando alle storie che volete raccontare con il massimo impegno, la giusta umiltà e grande concentrazione.

Come primissima cosa consiglio a tutti di iniziare a frequentare qualche set per capirne le dinamiche, i ruoli e le varie tecniche. Apprese le basi chiedersi con sincerità: “cosa voglio raccontare? Perché?” e successivamente “Come?”.

Ognuno di noi viene da percorsi ed esperienze di vita diverse che rendono unico l’angolo da cui guardiamo ciò che ci circonda. La sfida sta nel trasformare le nostre emozioni e questa nostra unicità in storie.

Spingo quindi i nuovi giovani registi a sostenere le proprie idee con la forza che meritano, senza indietreggiare davanti ai problemi e ai contrattempi che è normale trovare di fronte in ogni nuovo percorso. Ostacoli generalmente causati dalla poca esperienza o dal timore di non potercela fare.

Suggerisco la lettura di “Go all the way” una poesia di Charles Bukowski che in passato ha saputo darmi il coraggio, anche davanti alle difficoltà, di continuare a credere in me stesso e nelle storie che volevo raccontare.

Ringraziamo Davide Gentile / Director per l’intervista
www.vimeo.com/davidegentile
https://www.instagram.com/davide___gentile/

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