ADVERSUS | How low can you go | Coronavirus e (dis)informazione. Cari media ‘ufficiali’: siete dei veri “pezzi di me”… (per parafrasare il titolo di una bella canzone)

Coronavirus e (dis)informazione. Cari media ‘ufficiali’: siete dei veri “pezzi di me”… (per parafrasare il titolo di una bella canzone)

Il quadro che abbiamo sotto gli occhi è quello di una cricca di giornalisti (per mancanza di prove direbbe qualcuno) che obbediscono ad ordini che arrivano da più in alto, forse anche da oltre confine

Coronavirus e (dis)informazione. Cari media ‘ufficiali’: siete dei veri “pezzi di me”… (per parafrasare il titolo di una bella canzone di qualche tempo fa)
Coronavirus e (dis)informazione. Cari media ‘ufficiali’: siete dei veri “pezzi di me”… (per parafrasare il titolo di una bella canzone di qualche tempo fa)

Ho aspettato che passasse qualche giorno dall’inizio dell’offensiva mediatica sulla ‘pandemia’ da Coronavirus (leggi: quotidiani, televisione, versioni online di quotidiani e programmi televisivi) partita a comando e rivolta chiaramente ad ottenere due risultati su tutti: seminare la paura tra la popolazione E incrementare vendite, click, lettori.

Premetto che quanto sto scrivendo non ha nulla a che vedere con il virus dal punto di vista medico, non sono un virologo, non sono un epidemiologo, non sono uno specialista in malattie infettive, né in terapia intensiva. Ho le mie idee, ma le tengo per me.

Quello che scrivo ha a che vedere con il modo in cui i ‘giornalai’ e i ‘pennivendoli’ che ci spiegano come funziona il mondo hanno cercato di seminare panico e terrore tra la popolazione.

Il quadro che abbiamo sotto gli occhi è quello di una cricca di giornalisti (per mancanza di prove direbbe qualcuno) che obbediscono ad ordini che arrivano da più in alto, forse anche da oltre confine. Una cricca di editori che deve ricambiare i favori ricevuti mettendo a disposizione i propri spazi e i pennivendoli che ci scrivono, o i mezzibusti che ci (s)parlano.

Vergogna. Tutti ricordiamo le foto dei supermercati VUOTI quando bastava uscire a Milano per vedere i supermercati pieni di ogni genere di cibo e di prodotti (non di clienti visto che il terrorismo mediatico ha convinto moltissimi a restare a casa, almeno nei primi giorni dell’allarme). Tutti ricordiamo le foto dei militari con mascherine che sembravano maschere a gas per le strade di Milano, di strade deserte dove i pochi passanti si coprivano il volto con sciarpe e mascherine e camminavano con passo svelto e sguardo angosciato. È vero, soprattutto nei primi giorni di gente per la strada se ne è vista poca. E te credo! Con una comunicazione del genere. Gli unici ‘esperti’ a cui veniva data la parola erano quelli che supportavano la teoria dell’incombente fine del mondo.

Vergogna per come è stata gestita la situazione, non informando ma spargendo panico e notizie distorte ad hoc. Spero che questi abbiano ancora un briciolo di coscienza e che sappiano ancora cosa sia la vergogna.

Poi, ad un certo punto, è evidente che hanno dovuto cambiare registro perché qualcuno ha detto alt! Ragazzi stiamo esagerando, stiamo facendo dei danni che ricordano quel marito che se lo è tagliato per far dispetto alla moglie. E allora da un giorno all’altro i pennivendoli hanno cambiato registro. Allarme sì, ma con moderazione. Pericolo sì ma in fin dei conti non moriremo tutti, non subito almeno…

E così come per miracolo hanno iniziato a diffondere foto ed immagini di una piazza del Duomo a Milano assolata con tanto di palme di Starbucks e passanti senza mascherine. Così dalla sera alla mattina.

E così da un giorno all’altro hanno cambiato registro, hanno iniziato a pubblicare articoli più accomondanti, interventi più tranquillizzanti di virologi che prima non trovavano spazio perché probabilmente non abbastanza allarmisti.

Editoriali in cui si invitava alla calma, a non diffondere il panico (non più di quel tot fisiologico che erano stati incaricati di spargere, facendosi poi forse prendere la mano). Il danno che hanno causato è incalcolabile, anche per quanto riguarda l’immagine dell’Italia all’estero e chi ha contatti in giro per il mondo capirà bene cosa intendo.

Ma forse anche questo effetto collaterale era stato previsto, e rientrava nell’elenco di conseguenze desiderate. Forse.

Situazione attuale: siamo moderatamente ottimisti, attenti, lievemente confusi vista la campagna di disinformazione a cui siamo stati sottoposti, e attendiamo di vedere gli sviluppi.

I danni economici, politici, di immagine li quantificheremo dopo, ad ‘emergenza’ conclusa. Nel frattempo possiamo solo aspettare che passi la nottata, e non dimenticare quanto siano dei ‘pezzi di me’ quelli che dirigono ed eseguono la cosiddetta informazione ufficiale in Italia (e all’estero perché la razza è sempre quella, altrimenti non occuperebbero certe posizioni). Complimenti.

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